Scopriamo i processi di autolisi del lievito e la loro correlazione con la qualità degli spumanti a metodo classico
I vini spumanti considerati di alta qualità, come lo Champagne, il Franciacorta ed il Cava, sono prevalentemente prodotti con il metodo tradizionale, noto anche come “méthode champenoise”. La caratteristica principale di questo metodo è che, dopo una prima fermentazione per ottenere il vino base, viene eseguita una seconda fermentazione (o presa di spuma) all’interno di una bottiglia chiusa con tappo corona, seguita dall’affinamento a contatto con le fecce (durante il quale avviene l’autolisi del lievito) che trasforma completamente la composizione del vino spumante. L’affinamento o permanenza sur lattes e rappresenta quindi il principale fattore di differenza rispetto ad altri spumanti prodotti con altri metodi, poiché in questa fase, avvengono diversi processi che spiegano perché i vini spumanti prodotti con il metodo tradizionale hanno un profilo organolettico elegante e complesso.
Al termine della seconda fermentazione, inizia il processo di autolisi del lievito, che lentamente si deposita sulla spalla della bottiglia mantenuta in posizione orizzontale, al fine di offrire la massima superficie disponibile. L’autolisi consiste nel processo di degradazione delle strutture cellulari del lievito, coinvolge l’azione di enzimi idrolitici che, degradando le strutture cellulari, permettono il rilascio di molte sostanze come aminoacidi, peptidi, lipidi, proteine, nucleotidi, proteine, mannoproteine e polisaccaridi.
Il processo di autolisi nei vini spumanti è fondamentale per sviluppare complessità aromatica e texture, durante questo processo infatti le cellule di lievito morte si rompono, rilasciando enzimi, polisaccaridi, aminoacidi e altre sostanze nello spumante. Le sostanze rilasciate nel vino sono:
- Enzimi autolitici: degradano le pareti cellulari del lievito, facilitando il rilascio di composti intracellulari. La beta-glucanasi è uno degli enzimi chiave coinvolti, che aiuta a idrolizzare i polisaccaridi della parete cellulare del lievito.
- Polisaccaridi: principalmente mannoproteine che contribuiscono alla sensazione di morbidezza e pienezza in bocca dello spumante. Questi composti possono anche influenzare la stabilità della schiuma e delle bollicine.
- Composti azotati: aminoacidi e i peptidi che possono contribuire alla complessità aromatica dello spumante, influenzando note come quelle di crosta pane, biscotto o lievito. Alcuni peptidi e proteine possono contribuire alla dolcezza del vino, mentre i nucleotidi sono anche noti per partecipare al gusto umami e per essere potenziatori di sapore.
- Lipidi: le principali classi sono triacilgliceroli, diacilgliceroli, monoacilgliceroli, acidi grassi liberi, esteri di steroli e steroli; il rilascio avviene principalmente nei primi due giorni, un periodo che corrisponde alla massima perdita di vitalità del lievito, dopo questo picco iniziale, la maggior parte dei lipidi tende a diminuire, probabilmente a causa del rilascio di enzimi idrolitici dal lievito che degradano la parete cellulare, hanno un impatto significativo sulle proprietà sensoriali del vino, in particolare sulla tenuta della schiuma e della corona.
Le fecce di lievito durante l’affinamento dello spumante esercitano un’attività antiossidante grazie alla loro capacità di consumare ossigeno. Il meccanismo attraverso il quale le fecce consumano ossigeno non è chiaro, ma potrebbe essere correlato all’ossidazione dei lipidi di membrana o al loro contenuto di glutatione. Indipendentemente dal meccanismo attraverso il quale le fecce consumano ossigeno, è chiaro che la loro presenza rallenta l’evoluzione ossidativa del vino consumando l’ossigeno che permea il tappo a corona. Questo consumo di ossigeno da parte delle fecce è probabilmente il motivo principale per cui i vini spumanti possono generalmente invecchiare per un tempo più lungo rispetto ai vini bianchi fermi. Questo processo è inoltre governato dalla capacità della guarnizione del tappo corona di favorire o limitare lo scambio gassoso tra l’ambiente e lo spumante.
Si può concludere che le fecce dei vini spumanti elaborati con il metodo tradizionale hanno una reale capacità di rilasciare proteine e polisaccaridi. Tuttavia, la proporzione di polisaccaridi e proteine derivanti dall’autolisi delle fecce è molto bassa nei vini spumanti giovani, approssimativamente solo il 2-3% nel primo anno di invecchiamento e circa il 7% nel terzo. Appare quindi evidente che i lunghi affinamenti possono dare origine, a parità di cuvée iniziale, a vini più complessi, con maggiore intensità dei descrittori classici di questa tipologia di spumante, ovvero la crosta di pane, la brioches, ecc.
Si può anche affermare che le fecce consumano ossigeno e quindi proteggono il vino spumante dall’ossidazione, ma questa capacità diminuisce drasticamente dopo 3 anni di invecchiamento, raggiungendo valori inferiori a quelli della permeabilità teorica all’ossigeno del tappo a corona; è quindi fondamentale sia la scelta della guarnizione del tappo corona, sia la gestione dell’affinamento e del tempo di permanenza sulla feccia, al fine di evitare un eccesso di ossidazione, per ottenere spumanti in linea con lo stile ricercato dal produttore.