L’invecchiamento atipico del vino: un difetto sensoriale emergente nei vini bianchi e rosati.
L’invecchiamento atipico (ATA) è un difetto sensoriale che colpisce prevalentemente i vini bianchi e rosati, causando una rapida perdita delle caratteristiche varietali e lo sviluppo di aromi e sapori indesiderati. Questo fenomeno si riscontra anche quando si adottano sistemi di imbottigliamento moderni con il massimo controllo nei confronti del mantenimento di un livello di ossigeno disciolto (DO) molto basso. L’ATA, noto in Germania anche come Untypische Alterungsnote (UTA), si manifesta con una significativa riduzione degli aromi fruttati e floreali, e l’emergere di odori di panno bagnato, naftalina, cera, lana bagnata e, talvolta, note di detergente o vernice. Al palato, il vino risulterà meno corposo e più amaro, questi difetti tendono anche ad aumentare con l’invecchiamento. Si tratta di un difetto è ancora poco compreso e viene spesso confuso con altri problemi di invecchiamento del vino, come l’ossidazione prematura (premox) o la riduzione. L’ATA è stato notato per la prima volta in alcuni vini tedeschi nel 1988, e in alcuni anni ha causato la bocciatura della certificazione di “vino di qualità” per circa il 20% dei campioni presentati. Si stima inoltre che fino al 20% dei vini bianchi degli Stati Uniti potrebbe essere affetto dal problema.
Meccanismi chimici e fattori viticoli
L’invecchiamento atipico è legato alla presenza e alla degradazione dell’acido indol-3-acetico (IAA), un metabolita inodore del triptofano, che si scompone per formare 2-aminoacetofenone (2-AAP), il principale composto responsabile dell’ATA; il 2-AAP (formula molecolare C8H9NO) è talvolta chiamato o-aminoacetofenone o orto-aminoacetofenone. Tuttavia, la quantità di 2-AAP prodotta non è correlata alla quantità di IAA. In altre parole, è sufficiente la sola presenza di IAA per portare alla produzione di elevate quantità di 2-AAP. Una concentrazione superiore a 1 μg/l di 2-AAP è il marker chimico che indica che un vino è vittima dell’ATA, se la concentrazione è superiore a questo valore si avvertono anche le caratteristiche sensoriali negative. Il 2-AAP è uno dei principali composti responsabili dell’aroma foxy, ovvero di un odore particolare associato a certe varietà di uve, in particolare quelle del genere Vitis labrusca, come la Concord e la Niagara, che sono molto diffuse in Nord America. L’aroma è spesso descritto come selvatico, muschiato, o addirittura animale (da cui il termine “foxy”, che in inglese si riferisce alla volpe).
Il 2-AAP si forma attraverso percorsi chimici e biologici: nel primo caso, la presenza di ossigeno disciolto ed anidride solforosa (SO2) contribuisce alla sua formazione, mentre nel secondo caso, lieviti non-Saccharomyces, stressati da carenze nutrizionali durante la fermentazione alcolica, possono catalizzare la degradazione dell’IAA in AAP.
I fattori viticoli che favoriscono l’insorgenza dell’ATA includono lo stress idrico e ormonale delle viti, soprattutto nelle annate calde e secche, e un’eccessiva produzione di uva, che può portare a una ridotta maturità fisiologica delle uve raccolte.
Caratteristiche sensoriali e percezione del difetto
I vini colpiti da ATA presentano caratteristiche sensoriali ben definite. Al naso si nota una perdita importante e definitiva del carattere varietale e della freschezza aromatica tipica del vino giovane, con una netta diminuzione delle note fruttate e floreali. Questi vini possono sviluppare odori di cera, panno bagnato, detergente, canfora, ma anche di lime o urina. Al palato, l’ATA porta a sensazione di vini poco corposi, corti ed amari, talvolta anche di una certa astringenza metallica. Il difetto può manifestarsi rapidamente, spesso entro 12 mesi dalla prima solfitazione post-fermentativa, ed i suoi effetti peggiorano con il passare del tempo.
La soglia di percezione dipende dalle caratteristiche del vino, in generale si può affermare che l’ATA può essere rilevato in vini contenenti 0,7 – 1,5 μg/l di 2-AAP
Prevenzione dell’ATA
La prevenzione dell’invecchiamento atipico inizia nel vigneto, con una gestione attenta delle viti. Irrigazioni adeguate (se possibile) durante le fasi critiche di sviluppo dell’uva, come l’invaiatura, possono ridurre lo stress idrico, e quindi l’incidenza del fenomeno. Inoltre, l’abbassamento delle rese tramite potatura verde e la corretta gestione dei nutrienti del suolo, in particolare dell’azoto, sono cruciali per ridurre il rischio di ATA. I produttori dovrebbero evitare la raccolta anticipata di uve non completamente mature, poiché questo aumenta la predisposizione a questo difetto.
In cantina, la solfitazione deve essere attentamente gestita, poiché è la presenza di SO2 che può innescare la formazione di 2-AAP. L’aggiunta di acido ascorbico al momento della prima solfitazione può ritardare l’insorgenza dell’ATA, ma non ne riduce la formazione. L’IAA può essere presente nel mosto in forma legata, cioè in uno stato in cui non può reagire, ma le reazioni responsabili del processo di fermentazione possono convertire l’IAA in forma libera. Quando i solfiti si ossidano, si formano radicali liberi dell’ossigeno, che nei vini rossi si legano a fenoli e tannini, ma, nei vini bianchi e rosati, a causa di una bassa concentrazione di fenoli, i radicali scompongono l’IAA libero producendo N-formil-2-aminoacetofenone che si trasforma in 2-aminoacetofenone.
È quindi necessario che nel vino sia presente una certa, seppur minima, quantità di ossigeno disciolto (DO) affinché si possano formare i radicali liberi sopra menzionati. La quantità di ossigeno disciolto richiesta per formare i radicali liberi che portano all’ATA è molto piccola, alcuni lavori indicano che 0,15-0,50 mg/l di DO siano sufficienti per produrre caratteristiche di ATA. Questa quantità di DO è molto inferiore a quella necessaria per dare al vino note di ossidazione.
Oltre al 2-AAP, altri composti chimici sono stati suggeriti come contribuenti all’ATA. Tra questi figura lo skatolo (3-metilindolo). Lo skatolo, in basse concentrazioni, ha un aroma floreale, spesso simile al gelsomino, ma in alte concentrazioni diventa molto sgradevole, con forti odori di feci.
Prevenzione dell’alterazione in cantina
Quando il raccolto è abbondante o la vigna ha sofferto di stress idrico, si possono adottare alcune strategie per limitare l’insorgenza dell’invecchiamento atipico:
- L’uva deve essere lavorata velocemente, considerando la pressatura dell’uva intera, per limitare l’estrazione dei fenoli e IAA. Alcune ricerche hanno scoperto che il contatto con le bucce può ridurre la concentrazione di AAP fino al 35%, infatti la maggiore concentrazione di fenoli estratti dalle bucce agiscono come sequestranti dei radicali di ossigeno, responsabili della conversione chimica dell’IAA in AAP.
- Il mosto dovrebbe essere chiarificato, mediante decantazione, centrifugazione o flottazione, per arrivare ad una torbidità massima di 100 NTU, dato che i solidi possono contenere IAA legato.
- All’inizio della fermentazione alcolica bisogna mantenere un livello di APA di almeno 250 mg/l, per garantire il corretto svolgimento della fermentazione.
- I ceppi commerciali di lievito hanno diversa capacità di produrre IAA, bisognerebbe quindi utilizzare ceppi basso produttori.
- La fermentazione malolattica può essere utile per ritardare la formazione del 2-AAP.
- Aggiunta di acido ascorbico (vitamina C) ad una dose di 100-150 mg/l è l’unico mezzo in gran parte efficace per affrontare la futura formazione dell’ATA, ritardando di circa 2 anni l’insorgenza, ma non sarà sufficiente a scongiurare l’effetto negativo: il dosaggio dovrebbe essere fatto contemporaneamente alla solfitazione oppure immediatamente dopo.
Conclusione
L’invecchiamento atipico (ATA) è una delle problematiche più complesse e insidiose per la vinificazione di vini bianchi e rosati, che si caratterizzano per la loro freschezza e delicatezza aromatica. Sebbene l’argomento sia ancora oggetto di dibattito e non sia largamente diffuso al di fuori delle comunità scientifiche, gli effetti dell’ATA possono avere un impatto negativo sia a livello sensoriale che commerciale. Dal punto di vista sensoriale, questo fenomeno compromette profondamente le caratteristiche distintive dei vini, con alterazioni aromatiche che portano alla perdita di freschezza e alla comparsa di note ossidative premature. Tali modifiche possono ridurre significativamente l’appeal del vino per i consumatori, minando la reputazione dei produttori e causando potenziali perdite economiche.
Tuttavia, è possibile adottare alcune strategie sia in vigneto che in cantina, che possono contribuire a minimizzare l’insorgere dell’invecchiamento atipico. Ad esempio, la gestione oculata della raccolta, la protezione contro l’ossidazione durante la vinificazione, l’uso mirato di antiossidanti e una corretta conservazione possono ridurre significativamente il rischio di ATA. Tuttavia, questi interventi non sono sufficienti a garantire una prevenzione completa, poiché i meccanismi biologici e chimici che portano alla formazione dell’ATA non sono ancora pienamente compresi. Anche nelle fasi di imbottigliamento è importante ridurre la presenza di ossigeno disciolto (DO) per evitare l’insorgere di ossidazioni, che possono alterare ulteriormente il profilo sensoriale del vino.